Il marketing olfattivo: i grandi brand insegnano a vendere con le emozioni
Gli odori riescono a evocare immagini ed episodi del passato in modo più forte e potente rispetto a tutti gli altri sensi. È una considerazione che ognuno di noi ha fatto, sentendo all’improvviso un profumo legato all’infanzia o a una persona cara. Ma non solo: è una certezza scientifica suffragata da numerosi esperimenti in materia, di cui ha fatto tesoro il marketing olfattivo.
Scent marketing: quando gli odori aumentano le vendite
Negli anni, le decine di studi che sono stati condotti hanno dimostrato proprio questo: la stimolazione olfattiva sollecita aree del cervello e restituisce ricordi immediati. E questo accade perché i recettori degli odori posti nel naso attivano il sistema limbico, un’area del cervello che regola le emozioni, i ricordi e il senso del benessere. È facile, quindi, immaginare quanto le stimolazioni olfattive possano influenzare la nostra percezione del mondo, delle persone e… dei prodotti.
Già da diversi anni, infatti, i brand hanno individuato delle strategie olfattive per indurre agli acquisti o consolidare la propria immagine aziendale. Il profumo veicola emozioni ben precise: accade con le persone conosciute o con dei passanti per strada e, in modo iterativo, accade anche con i brand. Un profumo gradevole e particolari note rimandano a determinate caratteristiche e specifici valori. Gli odori possono costruire atmosfere, rendere accogliente un luogo asettico e restituire una sensazione di benvenuto. La profumazione ambientale, quindi, non fa altro che valorizzare un brand o un prodotto. In che modo? Il potenziale acquirente entra nel punto vendita con un’idea già più o meno formata dell’azienda o del singolo prodotto. La profumazione degli ambienti, perciò, sfrutta l’olfatto come “completamento” di una stimolazione sensoriale del cliente già avvenuta attraverso la vista, l’udito o la razionalità, quindi l’esperienza.
Il marketing olfattivo: alcune curiosità
Ma se ogni brand è caratterizzato da una propria fragranza, perché non depositare il copyright? In realtà, non è una procedura così semplice, da un punto di vista burocratico, particolarmente in Europa, dove un marchio registrato deve essere anche riproducibile graficamente. Tuttavia, negli anni, c’è chi ci ha provato e ci è riuscito. Un’azienda statunitense che produce ukulele pensò di associare un particolare profumo ai propri strumenti. Quale? Quello di piña colada, per evocare una sensazione di relax… tropicale. A fine anni Novanta, invece, un’azienda che produceva palline da tennis volle collegare ai propri prodotti l’odore di erba appena tagliata. L’affinità tra prodotto e profumo, in questo caso, appare immediata: un appassionato di tennis non potrebbe non farsi coinvolgere da un odore di questo tipo. Il marchio, registrato come the smell of fresh cut grass, è scaduto nel 2006 e, da allora, nessuno ne ha più rivendicato la proprietà.
Best (e worst!) pratice nel marketing olfattivo
Una strategia che si rivela utile sotto un duplice aspetto: il profumo provvede sia a neutralizzare l’eventuale di presenza di cattivi odori, che a comunicare la vicinanza tra marchio e cliente. Ad esempio, una catena di ipermercati tedesca iniziò a diffondere nei parcheggi profumo di caffè per predisporre i clienti agli acquisti in una dimensione casalinga. Non si tratta dell’unico caso di valorizzazione degli ambienti con i profumi: uno dei primi casi su larga scala interessa Swatch. Nel 2000, l’azienda leader nella produzione di orologi ideò una fragranza per la festa della mamma e la utilizzò negli store, sugli accessori e sui gadget. Sono più recenti, invece, i casi di Samsung, che nel flagship store di New York diffonde un esotico profumo di melone, o di British Airways che, diffondendo l’odore di erba, proietta i viaggiatori in uno scenario di libertà a contatto con la natura.
Effetto boomerang
Ci sono marchi di fama mondiale che, però, non hanno saputo gestire bene le opportunità di shopping… esperienziale del marketing olfattivo. È il caso di Abercrombie&Fitch che diffonde nei punti vendita fragranze fortissime che indurrebbero sensazioni sgradevoli negli acquirenti, desiderosi di lasciare il negozio nel più breve tempo possibile.
Quindi, ciò che emerge dai numerosi esperimenti condotti è che, a parità di prodotto, i clienti sono disposti a spendere di più se immersi in un ambiente coinvolgente a livello olfattivo. Non si tratta di una scelta consapevole, ma di una suggestione inconscia che fa percepire i prodotti e gli ambienti più gradevoli. Il profumo stabilisce una fortissima connessione emotiva tra l’acquirente e il prodotto o il brand che sembrano dire «Sceglici, siamo quelli giusti per te!». E, nella maggior parte dei casi, sembrano proprio avere ragione.